29/12/08

La mia espulsione da Israele - 26/12/08


di Richard Falk - da comedonchisciotte.org

Quando sono arrivato in Israele come rappresentante delle Nazioni Unite sapevo che vi potevano essere dei problemi all’aeroporto. E c’erano. Il 14 Dicembre sono arrivato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv per svolgere il mio incarico di relatore speciale per le Nazioni Unite sui territori palestinesi.

Stavo conducendo una missione che aveva lo scopo di visitare la Cisgiordania e Gaza per preparare un rapporto sull’osservanza da parte di Israele dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Erano stati fissati degli incontri al ritmo di uno l’ora durante i sei giorni previsti, a cominciare da quello, il giorno seguente, con Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità Palestinese.

Sapevo che vi potevano essere dei problemi all’aeroporto. Israele si era fortemente opposta al mio incarico alcuni mesi prima e il suo ministro degli esteri aveva rilasciato una dichiarazione secondo cui avrebbe proibito il mio ingresso se fossi venuto in Israele nel mio ruolo di rappresentante dell’Onu.

Allo stesso tempo, non avrei fatto il lungo viaggio dalla California, dove vivo, se non fossi stato ragionevolmente ottimista sulle mie possibilità di riuscire a entrare. Israele era stata informata che avrei guidato la missione e avrei fornito una copia del mio itinerario, e aveva rilasciato i visti alle due persone che mi assistevano: un addetto alla sicurezza e un assistente, che lavorano entrambi nell’ufficio dell’alto commissario per i diritti umani a Ginevra.

Per evitare un incidente all’aeroporto, Israele avrebbe potuto o rifiutarsi di accettare i visti o comunicare alle Nazioni Unite che non mi avrebbero permesso di entrare, ma non è stata presa nessuna delle due misure. Sembra che Israele abbia voluto impartire a me, e in modo assai più significativo alle Nazioni Unite, una lezione: non vi sarà nessuna collaborazione con coloro che esprimono forti critiche sulla politica di occupazione israeliana.

Dopo che mi è stato negato l’ingresso, sono stato tenuto in custodia cautelare insieme a circa altre 20 persone con problemi d’ingresso. Da questo momento, sono stato trattato non come un rappresentante delle Nazioni Unite ma come una sorta di minaccia per la sicurezza, sottoposto ad una perquisizione corporale minuziosa e alla più puntigliosa ispezione dei bagagli che abbia mai visto.

Sono stato separato dai miei due colleghi delle Nazioni Unite, a cui è stato permesso di entrare in Israele, e condotto nell’edificio di detenzione dell’aeroporto, distante circa un miglio. Mi è stato chiesto di mettere tutti i miei bagagli, insieme al cellulare, in una stanza e sono stato portato in un piccolo locale chiuso a chiave che puzzava di urina e di sudiciume. Conteneva altri cinque detenuti e costituiva uno sgradito invito alla claustrofobia. Ho passato le successive 15 ore rinchiuso in questo modo, il che è equivalso ad un corso intensivo sulle miserie della vita carceraria, inclusi lenzuola sporche, cibo immangiabile e luci che passavano dal bagliore all’oscurità, controllate dall’ufficio di guardia.

Naturalmente, la mia delusione e la mia dura reclusione sono cose insignificanti, non meritevoli di notizia per sé stesse, date le serie privazioni sopportate da milioni di persone in tutto il mondo. La loro importanza è soprattutto simbolica. Sono una persona che non ha fatto nulla di sbagliato, se non esprimere la propria forte disapprovazione per la politica di uno stato sovrano. Soprattutto, l’ovvia intenzione era di umiliare me come rappresentante dell’Onu, e di mandare perciò un messaggio di sfida alle Nazioni Unite.

Israele mi ha sempre accusato di essere prevenuto e di aver fatto accuse incendiarie sull’occupazione dei territori palestinesi. Nego di essere stato prevenuto ma insisto invece che ho cercato di essere obbiettivo nel valutare i fatti e la legislazione di pertinenza. Il carattere dell’occupazione è di dare adito ad aspre critiche sull’atteggiamento israeliano, specialmente sul rigido blocco imposto a Gaza, che ha come conseguenza la punizione collettiva di un milione e mezzo di abitanti. Prendendo di mira l’osservatore, invece di quello che viene osservato, Israele gioca una partita scaltra. Distoglie l’attenzione dalle realtà dell’occupazione, praticando in modo efficace una politica di diversione. Il blocco di Gaza non assolve nessuna funzione legittima da parte di Israele. Si dice che sia stato imposto come rappresaglia per alcuni razzi di Hamas e della Jihad islamica che sono stati lanciati oltreconfine sulla città israeliana di Sderot. L’illegalità di lanciare questi razzi è indiscutibile, ma non giustifica in alcun modo l’indiscriminata rappresaglia israeliana contro l’intera popolazione di Gaza.

Lo scopo dei miei rapporti è di documentare a nome delle Nazioni Unite l’urgenza della situazione a Gaza e altrove, nella Palestina occupata. Questo lavoro è di particolare importanza ora che vi sono segnali di una rinnovata escalation di violenza e persino di una minacciata rioccupazione da parte di Israele.

Prima che una tale catastrofe accada, è importante rendere la situazione il più trasparente possibile, e questo è quello che avevo sperato di fare esercitando il mio compito. Nonostante l’ingresso negato, il mio sforzo sarà di continuare a utilizzare tutti i mezzi disponibili per documentare la realtà dell’occupazione israeliana nel modo più veritiero possibile.

Richard Falk è professore di diritto internazionale alla Università di Princeton e relatore speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi.

Titolo originale: "My Expulsion from Israel"
Fonte: http://www.guardian.co.uk

Nella foto: Richard Falk
(Inviato Onu per i diritti umani) - The Guardian

27/12/08

DERIVA DEMOCRATICA, E LA SINISTRA?

A colpi di decreti il governo populista di Berlusconi sta minando le libertà degli italiani frutto di anni di lotte e di conquiste civili.
La crisi economica imperversa, migliaia di posti di lavoro sono a rischio, la perdita del potere di acquisto di salari e stipendi rende tutti più poveri, trovare un lavoro oggi è un terno a lotto, a meno che non si hanno amici nella casta, molte piccole imprese sono sull’ orlo del fallimento, la produzione industriale è in forte calo ecc. ecc.
Sarebbe una situazione “ottimale” per qualsiasi partito all’ opposizione, la crisi economica ha permesso ad un “nero” di arrivare alla Casa Bianca.
Invece in Italia, Berlusconi accresce il proprio consenso, il P.D. lacerato dai dissapori interni e dai tentennamenti sul fare o non fare opposizione, se stare o non stare con Di Pietro, se aprire alla sinistra radicale ( che brutto questo termine mi ricorda Capezzone, diciamo sinistra e basta) se affrontare la questione morale o se aspettare che il Presidente del Consiglio metta il bavaglio ai giudici.
Dicevamo un momento propizio per mettere il governo di fronte alle proprie responsabilità, per gridare il disagio popolare e le misure scarne per far fronte alla crisi mondiale.
Ci attendevamo richieste come sussidi per i disoccupati nuovi e vecchi, aumenti delle detrazioni sul lavoro dipendente e pensioni, liberalizzazioni delle libere professioni, raccolta di firme per indire un referendum contro il decreto Gelmini (nonostante i passi indietro dell’ ultim’ora), prestiti alle piccole imprese e anche alle famiglie per fronteggiare la crisi ecc. ecc.
Niente di tutto questo.
Pochi giorni fa si è votato per eleggere il presidente della regione Abruzzo, una sonora sconfitta per la sinistra, la gente ha preferito non votare o premiare l’ Italia dei Valori di Di Pietro, questo significherà qualcosa.
La sinistra alternativa scomparsa dal parlamento nell’ ultima tornata elettorale, non si è ancora ripresa,divisioni e dissapori non gli permettono di ripartire. Sarebbe ora di un ricambio generazionale della classe dirigente di Rifondazione e Comunisti italiani? La sconfitta elettorale non è bastata a far capire che bisogna ritornare tra la gente e che non è ora di dispute e di ulteriori divisioni?
Intanto passano norme incivili al limite della Costituzionalità. La gente non si indigna più, troppo preoccupata ad arrivare a fine mese, delusa dalle promesse non mantenute della sinistra, bombardata dalle televisioni del premier e dai ritornelli della lunga schiera di scudieri che non pensano, che non hanno mai pensato con la propria testa, ubbidienti e servizievoli al padrone, senza di lui non sarebbero niente-
La vergogna ha raggiunto l’ apice con la “card” ai pensionati , mai nell’ Italia del dopoguerra si era raggiunto un livello così basso, 40 euro al mese da spendere per i beni di prima necessità in alcuni supermercati , come la tessera del ventennio fascista, la tessera della povertà a gente che ha lavorato una vita, ha ricostruito l’ Italia, ha fatto studiare i figli e che si è pagata i contributi per la pensione. Nessuno si è indignato più di tanto tra la classe dirigente della sinistra, vergogna!
Non mi sembra il momento delle convergenze o del dialogo come dicono un giorno sì e un giorno no nel P.D. ma quello di far fronte comune per difendere la Costituzione, i diritti, il lavoro e lo stato sociale.
Silvio.cardone@libero.it

13/12/08

Sabato 20 dicembre alle ore 18,00, presso la sede temporanea dell'Ecomuseo, c/o ex Istituto Tecnico Commerciale G. Florimonte a Sessa A., conferenza stampa di presentazione dell'Agendaaurunca 2009 realizzata dall'Arci di Sessa Aurunca nell'ambito del progetto "Costiera dei Fiori" con i fondi messi a disposizione dal comune di Sessa Aurunca e dalla Regione Campania assessorato alle attività produttive.

11/12/08

Rigurgito nuclearista


Che democrazia è questa? Come è possibile che pochi interessi particolari sono sufficienti a cancellare un pronunciamento chiaro e preciso della volontà popolare? Nel 1987 un referendum pose fine alla sgangherata esperienza del nucleare in Italia. A 22 anni di distanza continuiamo a sostenere ingenti costi senza produrre un solo Kwh: scorie nucleari in giro per l’ Europa , centrali che non si sa come smantellare, un sito nazionale di deposito delle scorie non ancora individualizzato ecc. Eppure si ritorna a parlare di energia prodotta con il nucleare: si dice energia a basso costo, pulita, sicura; proprio come si sosteneva alla fine degli anni cinquanta, ci sarà lavoro per tutti, sviluppo, crescita… proprio le parole che si usano oggi e che hanno fatto breccia tra la gente.
E’ opportuno allora ricordare, ad esempio, che la vecchia e “sicura” centrale del Garigliano nella sua breve vita ha avuto diversi guasti e incidenti (almeno 10) mai resi pubblici, fino al 1980 quando in una riunione tenutasi a Castelforte il CNEN (ora ENEA) ne ammetteva alcuni. Addirittura nel febbraio 1970, a causa di uno sciopero, si stava per rischiare l’ incidente massimo, e cioè la fusione del nocciolo ( per insufficienza degli impianti elettrici di emergenza. Il 14 e 15 Novembre 1980, il Garigliano straripa, la centrale è chiusa da due anni, dieci giorni dopo giunge un telegramma al Sindaco di Castelforte in cui si afferma tra l’ altro: < Una certa quantità di acqua, circa 300 metri cubi, si è trasferita nel sottosuolo…. è opportuno informare il Cnen dell’ accaduto anche perché siano predisposte le azioni atte e prevenire, nel breve termine, l’ infiltrazione nel sottosuolo di acqua contaminata in attesa di intraprendere studi e azioni per la risoluzione definitiva che il caso richiede> . Il problema viene risolto tre anni dopo collocando nei locali quattro pompe sommerse!
La presenza della centrale ha incrementato, nel nostro territorio, i casi di cancro, leucemie e le disfunzioni alla tiroide. Lo stronzio 90 si deposita nelle ossa e può provocare le leucemie, in altri casi invece si ha un effetto di moltiplicazione dovuto alla catena alimentare ad esempio il fosforo 32 si concentra 500 volte nel plancton, microrganismi di cui si nutrono i pesci, essi lo trasferiscono moltiplicato all’ uomo. Lo iodio 131 invece viene fissato nella tiroide ecc, ecc.
La nuova normativa stabilisce che i siti di deposito o di impianti nucleari per la produzione di energia elettrica sono sottoposti al segreto di stato poiché possibili obiettivi per il terrorismo. Sapremo mai qualcosa di quello che accade all’ interno di una centrale? Perché il governo è disposto a dare dei “premi”
( bollette meno care) ai cittadini dei comuni sedi di centrali nucleari se sono sicure e portano sviluppo e occupazione? Per costruire una centrale di terza generazione occorrono più di dieci anni e costi elevatissimi, in tutto questo tempo siamo sicuri che l’ energia elettrica non potrà essere prodotta nella stessa quantità facendo ricorso ad altro ( idrogeno, biomasse ecc.)? Perché in Italia stentano a decollare le energie alternative? E’ notizia di questi giorni che le detrazioni per l’ acquisto di pannelli fotovoltaici e di impianti per il risparmio energetico sono scese per l’ anno 2009 al 36%!
Per quanto concerne l’ economicità del nucleare, da quando il mercato si è liberalizzato, c’è più trasparenza nelle spese ed è uscita la verità: il nucleare costa più di quanto si dichiarava. Nel 2006 uno studio dell’ agenzia Mood’s ha valutato una spesa di 5-6 miliardi di dollari per una centrale di 1000 Kwh, recentemente il colosso tedesco E.On ha parlato di 5-6 miliardi di euro, aggiungendo alla cifra altri fondi per la sicurezza. Tra l’ altro i privati hanno un ritorno economico tra 15-20 anni ora il mercato in mancanza di nuovi investimenti, rischia addirittura la chiusura. Secondo le ultime stime del dipartimento americano dell’ energia il costo industriale per kwh del nucleare è di 6,3 centesimi, contro i 5,5 del gas. Per questo nel 2005 Bush ha fatto approvare un pacchetto di incentivi, pari a 1,8 centesimi al kwh, per convincere gli investitori privati a tornare al nucleare.
Sono queste buone ragioni per indignarsi innanzi alle politiche nucleariste dell’ attuale governo?

15/11/08

Servizio Civile - Petizione on line

Al Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano

Al Presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi

Al Sottosegretario Delegato
Carlo Amedeo Giovanardi

Con il taglio drastico del 42% delle risorse economiche a disposizione per il servizio civile nazionale, si passa dai 299 milioni stanziati per il 2008 dal precedente esecutivo ai 171 previsti nella finanziaria per il 2009, il peggiore della storia recente del servizio civile nazionale. Cifre che mettono addirittura a rischio la possibilità per i giovani italiani di partecipare nel 2009 a questa importante opportunità.Già quest’anno il servizio civile ha avuto una battuta d’arresto rispetto al 2007 scendendo da 50.000 a 32.000 volontari. A nulla sono valsi gli appelli che ormai da anni gli Enti continuano a lanciare sulla necessità di stanziamenti pubblici complessivi di almeno 400 milioni l’anno per avere un sistema di servizio civile nazionale che ne faccia un‘ opportunità per i giovani, invece che un privilegio, oltre che una risorsa per le comunità locali.Tutte le ricerche effettuate in questi anni hanno dimostrato la positiva efficacia nei risultati educativi, sociali e economici. Ogni euro di denaro pubblico investito ci sono ritorni per 2 euro.
Firma la petizione
Ci sono molti aspetti del servizio civile nazionale che vanno riformati, e da tempo il Terzo Settore ha avanzato proposte a riguardo, ma l’abbattimento delle risorse è un errore che ha come unico effetto l’aggravamento dei nodi esistenti e non la loro risoluzione.Siamo favorevoli ad aprire un tavolo per la revisione delle regole, ma siamo contrari a che questo significhi ripensare il sistema in funzione di risorse così limitate, sancendo l’idea di un servizio civile di nicchia e sul piano culturale sminuendone alcune finalità e la sua storia (l’educazione dei giovani, la difesa della Patria e il legame con la nonviolenza). Criteri questi in antitesi con un servizio civile popolare e di reale impatto educativo e culturale sulla società civile. Per questo chiediamo che siano introdotti emendamenti alla legge finanziaria dando al Servizio Civile Nazionale nel 2009 le stesse risorse del 2008 e che siano superati gli impieghi inutili di risorse statali oggi esistenti (INPS e IRAP).Per questo chiediamo che entro il mese di Gennaio 2009 siano definiti, con un percorso di piena consultazione dei giovani e degli enti, i contenuti della riforma legislativa per avere dal 2010 un nuovo quadro di certezze.

DIAZ: UNA SENTENZA VERGOGNOSA. GIUSTIZIA NON E' FATTA!

Dichiarazione di Paolo Beni, presidente nazionale Arci, Walter Massa, presidente Arci Liguria e Gabriele Taddeo, presidente Arci GenovaVergogna! Un grido partito dal cuore che ha coinvolto pubblico, vittime, molti giornalisti e avvocati. Un grido al quale ci associamo, avendo ancora nelle orecchie le grida disperate degli inermi manifestanti massacrati nel sonno in quella terribile notte.Ci sono vicende giudiziarie al termine delle quali non si può dire "giustizia è fatta" e il processo ai responsabili del massacro alla Diaz - o meglio a quelli che è stato possibile identificare e processare - è sicuramente una di queste.Dalla sentenza odierna era però lecito attendersi un po' di giustizia e dignità da parte dei magistrati in risposta all'arroganza dei legali del ministero e degli imputati.Questo non è accaduto, con grave preoccupazione per chi da sempre si batte per la difesa della legalità vera, e non di quella a senso unico. Condanne severissime per i 25 manifestanti ritenuti colpevoli di reati contro le cose, ripescando per l'occasione un reato da tempo di guerra.A fronte di questo, nessun processo per l'assassinio di Carlo Giuliani. Assoluzioni incredibili e pene tutte ampiamente prescritte per reati minori ai torturatori di Bolzaneto. E ieri sera, infine, la vergogna dello stato maggiore delle forze dell'ordine assolto in blocco per il massacro della Diaz. Se sono colpevoli i capi ed i sottocapi del 7° reparto mobile, se le molotov sono state portate dentro alla Diaz dalla polizia, possibile sia stata una iniziativa decisa solo da loro?Possibile che nessuno si sia accorto di nulla? Possibile che alcune mele marce l'abbiano fatta in barba a tutti i più importanti poliziotti d'Italia lì riuniti?Fatti di questo genere calpestano lo stato di diritti, distruggono la credibilità delle istituzioni, spalancano la porta ad uno stato di polizia che ci riporterebbe a un periodo della nostra storia che dovrebbe essere sepolto per sempre. Continueremo a batterci per i diritti e la democrazia, perché finalmente siano fatte verità e giustizia su Genova.Roma, 14 novembre 2008

13/11/08

L’Arci parteciperà alla manifestazione nazionale di Roma contro la legge 133. Per un sapere libero e critico

Dichiarazione di Paolo Beni, presidente nazionale ArciLe "aperture" del governo sono state considerate del tutto insufficienti, visto che vengono sostanzialmente confermati l'impianto della legge 133 e del decreto Brunetta, i tagli, l'apertura ai privati attraverso le fondazioni.Le scelte del governo finirebbero per assestare il colpo di grazia al ruolo dell'università e della ricerca pubblica nel nostro paese. Il turnover selvaggio dei docenti (una assunzione ogni cinque pensionamenti) lascerebbe gli atenei senza il numero di insegnanti necessari alla didattica e priverebbe la nuova generazione di ricercatori di uno sbocco professionale.Con un taglio al Fondo di finanziamento di quasi un miliardo e mezzo di euro dal 2009 al 2013, le università si troverebbero nell'impossibilità di operare, se non aprendo le porte alla fondazioni private, con conseguenze facilmente immaginabili sulla qualità, obiettività e serietà della ricerca, oltre che sulla accessibilità per gli studenti meno abbienti. Rappresenterebbe la definitiva abdicazione dello Stato al suo dovere, previsto dalla Costituzione, di garantire a tutti l'opportunità di formarsi intellettualmente. Il mondo dell'associazionismo ha deciso di non restare fermo di fronte allo scempio di diritti fondamentali per la costruzione della cittadinanza come quelli all'educazione, alla istruzione, alla formazione permanente.Per questo ha promosso l' appello "Per una scuola capace di futuro", in cui propone tra l'altro di organizzare un Forum nazionale per la scuola, dove coinvolgere i tanti soggetti che credono nel ruolo fondamentale dell'istruzione pubblica e vogliono mettere in comune riflessioni e proposte per una sua riqualificazione.L'Arci ha deciso di stare al fianco del grande movimento di protesta che si è diffuso in tutta Italia, e il 14 novembre sarà in piazza per ribadire che vogliamo vivere in un paese colto e moderno, in cui l'istruzione venga considerata un bene pubblico da tutelare per il futuro di tutti noi.